Confusioni e conflitti attorno alla procreazione

madonna del partodi Cecilia D’Elia

Grande è la confusione sotto il cielo quando si parla di procreazione medicalmente assistita, ma la situazione non è eccellente. Più piani del discorso si intrecciano e si confondono e troppi fantasmi si agitano. Lo spettro della maternità surrogata, vietata in Italia, viene evocato appena si discute di matrimoni gay e di genitorialità delle coppie omosessuali, finendo per fare di ogni erba un fascio, per suggerire opache sovrapposizioni tra l’eterno conflitto attorno al controllo del corpo femminile, le nuove forme di mercificazione del corpo, la maternità surrogata, il desiderio di paternità degli uomini gay.
E invece bisogna distinguere, e discernere. Proprio per evitare abusi e mercificazione e per non consentire alle tecnologie di essere la nuova e potente forma di oggettivazione del corpo femminile, di medicalizzazione del venire al mondo, di riduzione del grembo materno a mero “ambiente di vita” del nascituro. Abbiamo bisogno di un discorso pubblico meno urlato, capace di riconoscere l’opera della madre, ma anche di ragionare e di interrogare le esperienze nuove. Servirebbe meno ansia di vietare, di affidarsi alla norma, e più capacità di valorizzare nelle nuove modalità di venire al mondo la mediazione vivente del corpo femminile. Continua a leggere

Contro l’educazione sessuale? E perché?

MastersofSexdi Giorgia Serughetti

Suppongo che mancasse solo questo, in tempi di offensiva fondamentalista contro ogni intervento nelle scuole che riguardi la sessualità: una voce femminista contro l’educazione sessuale. Per Marina Terragni siamo al “cretinismo progressista”: l’“educazione sessuale” per bambini e adolescenti, “espressione che è quasi un ossimoro perché il sesso è tutto fuorché educato”. Meno parole si fanno sul sesso, aggiunge, meglio è. I ragazzi, da “perfetti perversi polimorfi” possono insegnarci tutto loro.

Ora, però, di cosa stiamo parlando? Quale immagine abbiamo dell’educazione sessuale? Scene da studio di Masters and Johnson, con tanto di elettrodi e apparecchi di misurazione? Fantasie di classi-laboratorio in cui ci si esercita nella masturbazione “correttamente” praticata, o si sperimentano accoppiamenti nelle posizioni raccomandate dagli esperti? Continua a leggere

Quasi tutti – tranne me #2

di Costanza Bianchi e Elena Visalli

Il post pubblicato il 10 Marzo ha continuato a sollecitare la nostra curiosità e cosa ancor migliore ha stimolato molti tra coloro che l’hanno letto e condiviso a partecipare a questa iniziativa. Tante e tanti hanno sentito l’impulso di andare a verificare se quei risultati corrispondessero realmente a quelli di un motore di ricerca, alcuni e alcune ci hanno invece contattate per partecipare attivamente al nostro progetto. Ogni nuova risposta, ogni nuovo volto, assegna alla nostra ricerca qualcosa in più; di foto in foto, la contrapposizione fra senso comune e risposte individuali, arricchisce il nostro sguardo sul tema e stimola nuove domande. Oggi abbiamo deciso di pubblicare le foto e le risposte di tre giovani uomini.

Femminismo è sentirsi sempre all'altezza

Alberto, 33:”Femminismo è sentirsi sempre all’altezza”.

Lorenzo, 21 anni:"Femminismo è inclusione e lottare insieme".

Lorenzo, 21 anni:”Femminismo è inclusione e lottare insieme”.

Femminismo è libertà

Bryan, 21:”Femminismo è libertà”.

Cuori ribelli – Amori, identità e tacchini

di Belle Minton

file1171251759259Mi sono innamorata di una donna. Ecco l’ho detto. Semplice, così com’è. Ma mi sono innamorata? O piuttosto, sto vivendo una storia che sento non potrà essere il mio destino, se non per un breve tratto di strada? Sono una donna adulta. Ho quasi trent’anni. Di Sinistra. Emancipata. Vengo da una famiglia di libero pensiero. Il pregiudizio non mi ha mai attraversato, almeno finché non mi ha riguardato direttamente. Di gay ne ho sempre frequentati molti, in famiglia, come fuori. Tanto da non pormi nemmeno il problema che lo fossero. Persone a cui voglio bene che hanno una vita. Eppure ora che tocca a me. Temo di non farcela. Non posso fare a meno di chiedermi se sono omosessuale. Ho avuto degli innamoramenti omosessuali platonici nella mia vita. Pochi, ma intensi. Non li ho repressi. Le circostanze non li hanno lasciati sbocciare e io non ho fatto nulla per forzare la mano. Fino a oggi. Di uomini sono sempre stata una grande consumatrice, con un certo piacere e narcisismo. Con il tempo ho trovato anche l’amore. E ora? Ora mi rendo conto, mio malgrado, di essere in difficoltà. Di essere in contraddizione con me stessa. Mi sento in perpetuo imbarazzo. Non riesco a vivere questa relazione con libertà. La amo? Non la amo? Non lo so. Ma sento che la sfida alle convenzioni sociali mi spaventa. Mi spaventano gli occhi che fissano e si interrogano. La tensione da reggere. Perché? Perché in realtà preferisco gli uomini? Credo sia una risposta solo a metà. Perché la vergogna è quella che oggi parla in me. Forse non sono così determinata nel mio sentire. Forse. Forse sono più arcaica di quanto pensassi. Ma soprattutto perché tutte queste domande?

Marta, 29 anni – Bologna

Cara Marta,
prima di gettarsi a capofitto in una relazione non è male farsi qualche domanda per capire se la relazione in questione sia in linea con la vita che vogliamo vivere e, nel caso non lo sia, se per essa siamo disposte a cambiare il quadro della nostra esistenza. Questo vale per tutte le relazioni, che siano omosessuali o etero, brevi o durature. E va bene qualunque risposta, se ci aiuta a fare scelte felici.

Che succede però se le domande, come nel tuo caso, si susseguono senza risposta fino a metterci in crisi? Continua a leggere

Il carcere della differenza

manidetenutadi Cecilia D’Elia

Lo sguardo della differenza femminile sul carcere, il sottotitolo che campeggia sulla copertina di Recluse (Ediesse, 2014, pp315, 16 euro), dice tutto della mossa politica che ispira il lavoro di Susanna Ronconi e Grazia Zuffa. In questo libro protagonista è la differenza femminile, quella delle detenute, quella delle agenti e delle educatrici, quella delle due autrici. Lo sguardo cerca la soggettività femminile all’interno delle mura carcerarie e alla fine del viaggio riflette sul percorso fatto conversandone con Maria Luisa Boccia, femminista e teorica della differenza.

Questo testo dunque è molte cose insieme. Nasce da una ricerca finanziata dalla Regione Toscana sull’autolesionismo e il suicidio, che ha coinvolto il carcere di Sollicciano, quello di Empoli e quello di Pisa. E’ l’occasione per illuminare la scena del carcere femminile, realtà poco studiata anche per via dell’esiguità dei numeri e per restituire un pezzo di storia carceraria poco conosciuto. Nonostante il modello rieducativo, di cui tanto si discute, abbia un’origine femminile e ambigua, legata all’idea della minorità delle donne, non adatte alla punizione, ma necessarie di correzione. Il libro è anche un lavoro sulla differenza femminile che rimanda a tutte noi alcune questioni essenziali e ancora aperte: il rapporto con la maternità e il materno, l’attitudine alla cura, l’importanza delle relazioni tra donne. Continua a leggere

Hayat e le altre: se l’Isis diventa speranza

di Francesca Caferri

Per settimane il volto di Hayat Boumeddiene è stato l’incubo degli investigatori europei: una donna giovane, apparentemente integrata, di fede musulmana, che a un certo punto lascia tutto, sposa la causa estremista del suo compagno e poi si trasferisce in Siria, donando se stessa alla jihad. Lentamente, i suoi lineamenti si sono fusi con quelli di Maria Giulia Fatima, prima convertita italiana individuata fra coloro che hanno raggiunto la Siria e con quelli di Shamima Begum, Amira Abase e Kadiza Sultana, studentesse modello inglesi viste l’ultima volta sulla via del confine siriano.

Di fronte alle loro immagini, gli studiosi si sono divisi: c’è chi dice che queste ragazze abbiano raggiunto la Siria per combattere al fianco dei loro uomini e contribuire attivamente alla costruzione dello Stato islamico. E chi ribatte che il ruolo delle giovani sia principalmente quello di “specchietto per le allodole” per attirare combattenti e spaventare un Occidente che segue con attenzione le parole che vengono dai loro blog e dai loro profili Twitter (non a caso tenuti in lingua inglese). Ma la domanda che è più interessante porsi è un’altra, a mio parere. Cosa spinge queste ragazze a lasciare tutto per scegliere una vita di stenti e rischi? Continua a leggere

È una buona notizia.

scelgonoledonneIl 10 marzo il Parlamento di Strasburgo ha approvato a larga maggioranza (441 sì, 205 no e 52 astenuti) la Relazione sull’eguaglianza tra uomini e donne nell’Unione Europea. Ne avevamo parlato qui. La soddisfazione per l’approvazione del testo è stata subito messa in dubbio da un emendamento proposto dal PPE, e approvato dall’aula, che sul punto della relazione più controverso specifica che “l’elaborazione e l’applicazione delle politiche in materia di salute e diritti sessuali e riproduttivi nonché in materia di educazione sessuale sono di competenza degli Stati membri” (art.46 del testo finale approvato il 10 marzo). Di fronte alla mobilitazione dell’opinione pubblica femminile europea, che si è fatta sentire dopo la mancata approvazione nella scorsa legislatura della mozione Estrela e alle pressioni sui parlamentari italiani del Pd affinché questa volta sostenessero convintamente la Relazione presentata dal deputato Tarabella, i malpancisti e i conservatori hanno cercato di aggirare l’ostacolo e di depotenziare l’importanza del testo con il richiamo alla sussidiarietà della legislazione europea. Ma il Parlamento europeo non impone mai. Continua a leggere

Quasi tutti – tranne me

di Costanza Bianchi e Elena Visalli

Avete mai fatto caso a che potente strumento di analisi sia un qualsiasi motore di ricerca? È pubblico e tutti vi siamo connessi: ognuno di noi vi partecipa. Ma cosa vi possiamo cercare? Per fortuna il server ci viene subito “in aiuto”. Appena digitiamo le prime parole della nostra ricerca,  l’intervento repentino di tutti coloro che hanno fatto una ricerca simile alla nostra, crea “suggerimenti”. Incuriosite, riprendendo una campagna lanciata da UN WOMEN, abbiamo deciso di provare a cercare “le donne sono…” e i risultati ci hanno stupite e scoraggiate. É il senso comune che parla, ma siamo convinte che anche noi singolarmente la pensiamo così? Ispirandoci a questi risultati, abbiamo chiesto ad alcune ragazze di completare le nostre ricerche. Visto l’esito interessante abbiamo deciso di ampliare  e proseguire  le nostre interviste che vi pubblicheremo di settimana in settimana.

Arianna, 21 anni: "Femminismo è unione"

Arianna, 21 anni: “Femminismo è unione”.

Eva, 20 anni: "Femminismo è potenza"

Eva, 20 anni: “Femminismo è potenza”.

Ringraziare gli uomini? Piuttosto alleanze

vettrianodi Giorgia Serughetti

C’è qualcosa di frettoloso nel salto che fa Barbara Stefanelli sul Corriere della Sera del 7 marzo: dal dire grazie a una donna (l’iniziativa #ringraziounadonna della 27esimaOra), che significa riconoscere e valorizzare le relazioni e le genealogie femminili, al dire grazie a un uomo. Ringraziare gli uomini, è l’invito della vicedirettrice del quotidiano di via Solferino: i padri, i compagni, i “capi” che non temono né ostacolano la libertà delle donne, ma la riconoscono, la amano, la valorizzano insieme alla capacità individuale e al merito.

È inevitabile avvertire un certo disagio: fin troppo spesso siamo state chiamate a dire grazie a degli uomini, per esempio per il fatto di “sceglierci” facendoci avanzare nelle carriere professionali, o universitarie, o in politica. La cooptazione è ancora largamente in mani maschili. Mentre la sfida è proprio scardinare il sistema di selezione verticale che vede le donne rompere il soffitto di cristallo solo grazie all’intercessione “benevola” di uomini che stanno al vertice. Così come nella vita privata va rotto il meccanismo che vede le donne dedicarsi alla cura per dovere, gli uomini invece con i loro tempi, come impegno residuale, per piacere (quando lo fanno). Insomma, nel #ringraziounuomo esiste il rischio di avvallare forme di paternalismo maschile. Per questo Luisa Pronzato ha raccolto voci pro e contro l’editoriale di ieri nel suo articolo di oggi Quel grazie agli uomini che divide. Continua a leggere

Cuori ribelli – Come parliamo quando parliamo d’amore

di Belle Minton

Nell’ultimo periodo mi sono sempre più resa conto di quanto poco io riesca a parlare con le mie amiche e con i miei amici del sesso. Anzi mi spiego meglio: si parla sempre molto di sesso, ma mai di quello che facciamo noi. Il sesso, di cui discutiamo, è sempre quello visto in televisione o quello di terzi che comunque non ci riguarda direttamente. Invece io vorrei proprio poter condividere con gli altri i miei dubbi, le mie fantasie e le mie esperienze. Perché sembra che ci sia qualcosa di disdicevole o di sbagliato nel parlare di questi argomenti in prima persona e non come semplice spettatore? Non è forse una grande perdita questa possibilità di confronto? – Alice, 21 anni – Romasally al telefono

Cara Alice,

ormai è quasi un luogo comune dire che il sesso è ridotto a oggetto di consumo, a esibizione, a prestazione, a spettacolo più o meno fai da te; e che, d’altro canto, la sessualità come esperienza esistenziale profonda è stata rimossa dal discorso pubblico (vecchia storia) e persino privato. Ma in effetti il punto sembra proprio questo: non di cosa parliamo, ma come ne parliamo.  Continua a leggere