Femminismi che non invecchiano

 

di Cecilia D’Elia

Ho appena finito di leggere Donne dell’anima mia di Isabel Allende, un libro che mi è stato regalato a Natale da una nuova amica. Confesso che non leggevo un libro di Allende da anni. Eppure da studentessa l’avevo molto amata. Quando fu pubblicato in Italia La casa degli spiriti ne fui un’entusiasta divoratrice. Seguì due anni dopo D’amore e ombra, letto più volte, regalato, discusso. Ricordo ancora il disappunto per il sarcasmo di un amico – alla cui opinione tenevo – quando la liquidò come la Liala delle ragazze comuniste (non osai confessare che l’unica volta che avevo avuto tra le mani un romanzo di Liala – genere negletto in casa mia – lo avevo divorato fino all’alba curiosa di arrivare all’epilogo del sogno d’amore della protagonista). Ho letto, ma non con la stessa passione Eva luna. Mi sono volutamente fermata a Paula, rimasto intonso tutti questi anni nella mia libreria; non osavo oltrepassare la soglia del dolore della morte della figlia. Questo inatteso regalo natalizio ha riportato Isabel Allende a casa mia. Del resto negli anni mi sono convinta del fatto che i libri, le autrici o gli autori, ogni tanto ti chiamano, vecchi regali che non hai mai aperto li ritrovi per caso fuori posto e inizi a leggerli scoprendo di aver rimandato l’appuntamento con pagine straordinarie. E penso che questo accada un po’ anche perché magari quei libri non eri pronta a leggerli quando li hai ricevuti o li hai comprati. Continua a leggere

La repubblica delle madri

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di Cecilia D’Elia e Giorgia Serughetti

Maria Rosa Cutrufelli ci aveva abituato a riletture del passato, con romanzi come I bambini della ginestra (2012), sulla strage del 1° maggio 1947 a Portella della Ginestra, o come Il giudice delle donne (2016), sulla storia della maestre marchigiane che avevano raccolto l’appello di Maria Montessori a chiedere il diritto al voto anche per le cittadine. Con il suo ultimo romanzo, L’isola delle madri, Cutrufelli ci porta invece nel futuro, in un mondo malato, sconvolto dai mutamenti climatici, dall’inquinamento, alle prese con una grande pandemia, la “malattia del vuoto”, ovvero la sterilità del genere umano.

Sì, avete letto bene, siamo alle prese con una pandemia, un tempo in cui “lo straordinario ha preso il posto dell’ordinario”. Pubblicato e arrivato in libreria qualche giorno prima del lockdown, leggerlo nel pieno dell’esperienza del distanziamento è stato un esercizio di lucido attraversamento della malattia del mondo. Le pagine raccontano un futuro distopico così familiare e le protagoniste sono così prossime a noi stesse – o a donne che potremmo conoscere – che è difficile non leggervi una potente critica al mondo odierno e una riflessione sulla maternità, in tempi di tecnologie riproduttive, che rimette al centro le donne e le relazioni tra loro. La stessa autrice, a proposito della scrittura e del rapporto con il futuro, afferma di essersi attenuta alla stessa regola di cui parla Margaret Atwood: “Non includere nei libri nulla che non sia già stato fatto nella realtà, in qualche altro luogo o tempo, o per cui non esista già una tecnologia”. Continua a leggere

La lettrice di Cechov: tra passione per la letteratura e tempo della libertà

giulia-corsalini-la-lettrice-di-cechov-00di Maddalena Vianello

Nina è una donna ucraina di mezza età. Alle spalle una solida formazione in letteratura russa; una passione mai spenta per gli scritti di Cechov.

Come molte donne che abbandonano l’Est Europa, Nina è costretta a partire per tentare di guadagnare il poco sufficiente per curare il marito gravemente malato e per dare un’occasione alla sua unica figlia. Katja, infatti, vuole studiare medicina, una passione e una speranza in nome delle quali Nina e suo marito sono pronti a sacrificare tutto.

Così Nina, come molte altre donne, arriva in Italia per cominciare la sua nuova vita da badante, a Macerata, nella casa di un’anziana di nome Mariangela.

Con il passare dei mesi arriverà una svolta inaspettata che la porterà a ottenere una piccola collaborazione all’università, presso l’Istituto di Slavistica. Una grande soddisfazione che Nina sarà costretta a pagare con una vita ancora più misera e sacrificata. Dalla casa confortevole e protetta di Mariangela, passerà a una bottega che la impegna soprattutto dal calar del sole. Con un letto da fare e disfare, ogni notte e ogni giorno, per cancellare le poche tracce della sua esistenza. Continua a leggere

Credere

Un giorno verrà_Caminitodi Maddalena Vianello

Il Novecento si affaccia portando con sé nuove idee politiche, una guerra mondiale e un’epidemia spaventosa. La fede, invece, permane apparentemente immobile.

A Serra de’ Conti – terra di mezzadria – la lotta, le partenze per il fronte, le morti insieme alla fame segnano uomini e donne.

In “Un giorno verrà” le storie di Lupo e Clara si rincorrono. Una suora di nome Nella li lega loro malgrado.

Lui è un giovane anarchico rivoluzionario, coraggioso e determinato. Un unico tallone d’Achille, il fratello Nicola. Il solo con cui riesce a mettere in campo la tenerezza.

Lei è la badessa del convento di clausura, conosciuta anche come la Moretta per il colore della pelle. Considerata santa in tutto il circondario, originaria del Sudan, è una spericolata conoscitrice delle strategie ecclesiastiche, pur essendo una donna. Continua a leggere

“E io pedalo”, un viaggio in bicicletta lungo la libertà delle donne

E io pedalo_Donatella Allegro

 

di Maddalena Vianello

Avete mai pensato alla biciletta come un simbolo di libertà e di emancipazione? Beh, così è stato e così è ancora.

Donatella Allegro ci accompagna lungo il corso del XX secolo – con qualche libera digressione – per una pedalata lungo la storia delle donne e il loro rapporto con la bicicletta. Il viaggio è avvincente.

“E’ un percorso a tappe attraverso alcune storie di donne che hanno voluto, fortissimamente voluto, la bicicletta; donne per le quali essa è stata molto più che un mezzo di trasporto: è stata le ali, è stata via di fuga, è stata trampolino, è stata un dispetto, uno sberleffo alla famiglia, agli uomini, alla gente per strada e ai giornali. Sono storie […] di donne che cercando la propria identità e la propria libertà hanno trovato una perfetta alleata nella bicicletta.”

La bicicletta è veloce e porta lontano. Sfugge al controllo sociale. Infatti, nell’immaginario collettivo è roba da uomini ed è considerata decisamente sconveniente per le donne. Impone un movimento fisico che poco si addice alla compostezza prescritta a queste ultime. Per non parlare delle caviglie che inevitabilmente vengono mostrate e della necessità di un abbigliamento adeguato che licenzi per sempre corpetti opprimenti, gonne troppo strette e lunghe. I raggi delle ruote sono spietati e non fanno sconti. Continua a leggere

Il femminismo per cambiare il mondo

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Un libro che vuole essere scomodo. L’intento è dichiarato sin dall’iniziale citazione di Cioran: un libro deve frugare nelle ferite. La ferita in questo caso è il femminismo mainstream, la cultura dell’indignazione, la declinazione individualista della ricerca di felicità delle donne.

Jessa Crispin, scrittrice “blogger e attivista”, come ci informa la quarta di copertina, ci provoca sin dal titolo Perché non sono femminista. Un manifesto femminista (Sur, 2018).

Per noi che abitiamo in un paese in cui il femminismo non è mai diventato veramente di moda, dove anche le forze politiche progressiste faticano a pronunciare questa parola e la grande stampa democratica è sostanzialmente un monopolio di firme maschili, la critica al femminismo universale che anima le prime pagine può appare fuori contesto. Ma a ben vedere il tema parla anche a noi, perché il punto è la differenza tra una strategia di accesso al potere e al mondo così come è e la messa in discussione della struttura del mondo, tra la partecipazione alla pari all’oppressione dei più deboli e la creazione di una società più equa. Continua a leggere

La ragazza che ero, la riconosco

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di Maddalena Vianello

“La ragazza che ero, la riconosco” è un titolo spericolato nell’epoca della brevità. Nonostante ciò, “perfetto” nel racchiudere il senso dell’intero libro che enuncia e anticipa. Il massimo, a cui un titolo può aspirare.

Otto giovanissime donne – Maria Alacevich, Marta Baiardi, Rossana Cirillo, Maria Pia Conte, Silvia Neonato (che cura anche l’intera pubblicazione), Marina Olivari, Giulia Richebuono, Giovanna Sissa – si incontrano all’inizio degli anni ’70, a Genova, nel nascente collettivo femminista legato al Manifesto, che poco dopo cambierà sede per realizzare la sua piena autonomia.

In quegli anni nel collettivo – come in tutta Italia – nascono dei gruppi più piccoli, intimi. Ed è così che le otto protagoniste si incontrano per la prima volta, per condividere quella pratica che tanto ha segnato il femminismo: l’autocoscienza. Lì si racconteranno la vita e insieme cercheranno di cavarne un senso. Continua a leggere

Virginia da giovane, Virginia ragazza

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Ritratto della scrittrice da giovane (UTET, 2017)

di Sara De Simone

Virginia da giovane, Virginia ragazza. Sono passati 136 anni da quel 25 Gennaio del 1882, giorno della sua nascita… ma per celebrarla, oggi, ci piace parlare di quando era ancora una Stephen.
S’intende prima di sposare Leonard Woolf, a trent’anni, ossia prima di diventare la donna del “Lupo” come lei stessa si divertiva a scrivere.
Una pregevole pubblicazione delle lettere che Virginia Woolf scrisse dal 1896 al 1912 – tra i quattordici e i trent’anni quindi – è stata da poco ripubblicata ampliata per la cura di Andrea Cane, con una bella prefazione di Nadia Fusini, da UTET libri.

“Ritratto della scrittrice da giovane” annuncia il titolo, ed è proprio così: leggere queste lettere significa poter guardare da vicino, mentre prede forma, il ritratto di Virginia in un primo lungo arco della sua vita, meno noto ai più. Significa poter scoprire e godere dei suoi pensieri di adolescente, rintracciare i semi di ispirazioni e idee che torneranno, entrare in quella che – insieme al diario – costituì la palestra della scrittura nonché uno dei luoghi privilegiati della sua educazione sentimentale e affettiva.

Scriveva molte lettere, Virginia, e le scriveva così bene che qualcuno tra i suoi amici era solito dirle – con ironia e un poco di malizia – che avrebbe dovuto vincere il premio come migliore scrittrice epistolare al mondo. Continua a leggere

Lasciatele vivere: un seminario ti salva la vita

 

175102731-61a5000c-1628-432a-a010-ab97025e5055di Maddalena Vianello

“Lasciatele vivere” è una raccolta di lectio brevi sulla violenza. E per quanto il tema sia tragico, il volumetto è divertente e si fa divorare. Complice probabilmente la profonda diversità delle donne e degli uomini invitati ad intervenire e il rispetto della grazia del parlato.

Allegato si trova anche il docu-film di Germano Maccioni “Di genere umano” che ritrae e documenta questi incontri e i laboratori di discussione più ristretta.

La cosa veramente incredibile, però, è come nasce questo libro. Le lectio si sono svolte all’Università di Bologna nell’ambito del Seminario sulla violenza contro le donne, obbligatorio per tutti gli studenti e le studentesse del corso di laurea in Filosofia fra il 2013 e il 2016.

Avete capito bene: seguire il seminario era OBBLIGATORIO.

Ho dovuto chiedere conferma alla professoressa Valeria Babini che lo ha coordinato, perché facevo fatica a crederci. Continua a leggere

Caro Buttafuoco, Artemisia quella notte è impazzita di dolore, non di piacere

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di Maddalena Vianello

Tutte le mattine mi aggiro per casa con la mia radiolina portatile di colore rosso. Ascolto religiosamente Radio24 da qualche tempo con una certa soddisfazione. La rassegna stampa di Alessandro Milan è sempre un ottimo antidoto per affrontare l’inizio di una nuova giornata.

E’ necessaria una breve interruzione fino alla macchina. Poi, con l’accensione del motore riparte la radio. Quando faccio tardi sopraggiunge la trasmissione di Giovanni Minoli. E proprio durante la trasmissione di Minoli qualche giorno fa qualcosa mi ha ferito l’orecchio. Forte, come un’unghia sulla lavagna.

Un’intervista a Pietrangelo Buttafuoco sul suo nuovo libro.

Titolo: “La notte tu mi fai impazzire”. Sottotitolo: “Gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore”. Edito da Skira.

Ma Agostino Tassi non era lo stupratore di Artemisia Gentileschi? Come può un uomo essere così arrogante da scrivere un libro che fin dal titolo mescoli, con una certa dose di compiacimento, i confini fra erotismo e violenza sessuale? Mi chiedo lì per lì, sperando di aver  capito male. Continua a leggere