8 marzo 2021: letture, visioni, protagoniste

di Chiara Anselmi, Francesca Caferri, Carlotta Cerquetti, Giorgia Serughetti

Anche per questo 8 marzo segnaliamo dei materiali che ci sono parsi interessanti, otto tra libri, film, serie tv e riviste un po’ per tutti i gusti e per varie fasce di età. A seguire otto schede biografiche di donne da tenere d’occhio, personalità del panorama internazionale che stanno facendo la differenza e di cui sentiremo parlare.

ADOLESCENTI

Per le lettrici e i lettori più giovani la casa editrice Settenove propone il romanzo di Giorgia Vezzoli Period Girl, un’eroina senza macchia.

Robin è una ragazzina di undici anni e la prospettiva delle mestruazioni non la lascia affatto tranquilla; quando il primo mestruo arriva porta con sé malumori, percezioni misteriose, sogni inquietanti e soprattutto strani poteri. La scoperta della potenza della collaborazione con le altre donne la trasformerà in una supereroina ambientalista. Insicurezze e palpiti di una transizione delicata raccontati con spirito di avventura e molta ironia.

Raramente, pensava Robin, undici anni sono giusti. Perché si è sempre o troppo grandi per qualcosa o troppo piccole per qualcos’altro. Undici anni, per esempio, sono pochi per avere un figlio o una figlia. Eppure sono sufficienti per diventare fertili e avere le mestruazioni. Questo, per Robin, era il mistero più assurdamente incomprensibile degli undici anni nel momento in cui giunsero le sue prime mestruazioni.

GRAPHIC NOVEL

Eva Rossetti e Valentina Grande firmano Feminist Art, le donne che hanno rivoluzionato l’arte (Centauria libri); il fumetto illustra la confluenza tra arte e movimenti femministi attraverso le opere della pioniera Judy Chicago, dell’afroamericana Faith Ringgold, della cubana esule negli Stati Uniti Ana Mendieta fino al collettivo artistico Guerrilla Girls. Visionarietà e pensiero politico trovano una sintesi originale nel lavoro delle autrici, che scelgono di raccontare episodi cruciali nelle vite delle artiste in contrappunto alle loro opere. L’impianto grafico è tradizionale nella narrazione degli episodi biografici mentre sceglie un layout più evocativo nella composizione del materiale artistico, ottenendo un effetto di rielaborazione dell’immagine che non riproduce ma reinventa, mettendo in luce le scelte artistiche non solo come scelta personale ma anche come elaborazione politica e collettiva.

RIVISTE

Leggendaria festeggia i suoi primi 25 anni di pubblicazioni con un numero che si segnala, oltre che per la ricchezza di contenuti, anche per il tentativo di ripercorrere un quarto di secolo di vita della rivista, immersa nella storia del femminismo. Leggendaria nasce nel 1996 con l’ambizione di essere un «luogo di confronto interno alle varie realtà femminili e femministe in campo e allo stesso tempo una “vetrina” che valorizzasse il molto, moltissimo che il mondo delle donne stava producendo». L’impresa è andata incontro a vari cambiamenti ma non ha mai smarrito quelli che la direttora, Anna Maria Crispino, chiama i «fili forti», cioè «uno sguardo lungo che andasse oltre i confini italiani, un approccio interdisciplinare, una grande attenzione alle relazioni intergenerazionali e l’insistenza su uno stile di scrittura che fosse allo stesso tempo “alto” – mettendo in campo il massimo delle competenze e curando maniacalmente i testi da mettere in pagina – e “accogliente”, vale a dire cercando di evitare il più possibile i linguaggi disciplinari accademici o quelli gergali del “politichese” femminista. Non volevamo parlarci tra di noi, volevamo parlare a/ con le nostre allora potenziali lettrici. Non sempre ci siamo riuscite, ma spesso sì». Anche in questo numero, la rivista tiene fede al suo intento. Guarda fuori dai confini, a ciò che accade in Polonia e in Bielorussia, ma anche all’Italia, in particolare con un focus sulla scuola. Inoltre, inaugura una serie di «confronti generazionali», tra femministe di diverse età, come «pratica di reciprocità, ascolto e dialogo». Di questa pratica, possiamo aggiungere, Leggendaria è un vero modello. 

INTERSEZIONALITA’

Djarah Kan è una giovane autrice italo-ghanese cresciuta a Castel Volturno; la sua raccolta di racconti Ladri di denti parla di donne, ragazze, bambine che cercano di definire la propria identità in un paese, l’Italia, che restituisce loro un’immagine stereotipata, in cui tutti i neri appartengono alla stessa storia, allo stesso destino.

Un’Africa in guerra o un’Africa hollywoodiano-colo­niale? Che cosa avreste scelto per raccontare casa vostra, a un pubblico venuto ad ascoltarvi, ma senza nessuna voglia di farlo veramente?

Con un altro linguaggio, ma in modo complementare, la studiosa di diritti umani, migrazioni e relazioni internazionali Oiza QueensDay Obasuyi, firma Corpi estranei: il razzismo rimosso che appiattisce la diversità: un saggio che ripercorre la storia politica e culturale dell’Italia dal passato coloniale al rapporto conflittuale con minoranze etniche e migranti. Dal caporalato alla cittadinanza, dal racconto dei media al ‘razzismo benevolo’, alla criticità degli interventi di certe ONG affette dal complesso del salvatore bianco.

E che succederebbe se le persone di ori­gine africana iniziassero ad andare in giro nelle zone più povere di qualche città europea e si mettessero a scattare foto di minori senzatetto – bianchi – o in qualche casa-fa­miglia? Per poi dire che in quella foto c’è tutta Parigi, o tutta l’Italia? La pornografia della povertà vale solo per il Terzo Mondo, in cui l’Occidentale scopre sé stesso o la propria vocazione a colpi di selfie, non si sa con quale autorizzazione.

Entrambi i volumi sono pubblicati dalla casa editrice People

SERIE TV

Basato su un agghiacciante fatto di cronaca avvenuto a Delhi nel 2012, la serie Delhi Crime (Netflix) racconta le indagini per la ricerca dei colpevoli di uno stupro di gruppo di inaudita violenza avvenuto su un autobus della città indiana, mentre la ragazza aggredita è in fin di vita in ospedale. La vicecommissaria Vartika Churvedi dirige le indagini con fermezza e partecipazione, aiutata da un drappello di uomini non sempre motivati come lei. In un’India più vera che mai, ben lontana dalle idealizzazioni occidentali, i poliziotti ci accompagnano in un viaggio nei meandri della città e nei sentieri polverosi dell’India rurale, nella miseria e nell’ignoranza, mostrandoci la resistenza delle tradizioni patriarcali, criminali che si vantano di esserlo perché certi di aver agito in nome di

una giusta punizione (la ragazza si stava abbracciando con il fidanzato nell’autobus), interrogatori in cui i poliziotti si sfilano le scarpe per tirarle addosso agli indagati, agenti senza nemmeno l’automobile per raggiungere il lavoro, il commissariato che resta al buio a causa delle bollette non pagate, la corruzione nelle alte sfere, le proteste di solidarietà per la vittima e contro l’inefficienza della polizia, i giovani che sognano di andarsene altrove… In questo variegato ritratto dell’India di

oggi svetta la figura della vicecommissaria Vartika Churvedi (la bravissima Shefali Shah) che, nonostante i tentativi di boicottaggio provenienti dalle alte sfere, mantiene senza esitazioni il timone delle indagini determinata a fare giustizia per sé, per sua figlia e per tutte le donne indiane.

NB: grazie al sollevamento popolare e alla tempestiva azione della polizia legati a questo caso, la questione della violenza di genere in India guadagnò rilievo internazionale e la conseguente condanna dalle Nazioni Unite/UN Women. L’India fu quindi costretta a una riforma delle leggi sulla violenza contro le donne.

LETTERATURA:

Annie Ernaux è un’autrice che in Italia è arrivata tardi, quando già il successo internazionale era consolidato. La donna gelata (L’orma editore), di recente uscita nelle librerie del nostro paese nella traduzione di Lorenzo Flabbi, è un volume uscito in Francia nel 1981 che arricchisce la bibliografia disponibile in italiano dell’autrice del premiatissimo Gli anni. Il genere prediletto dall’autrice è l’autofiction: qui la protagonista, una giovane donna di estrazione popolare che lotta per il suo riscatto sociale e culturale, non trova appigli per frenare l’inesorabile sdrucciolamento verso un destino di madre e moglie borghese. Gli slanci febbrili della giovinezza si impantanano in una vertigine che la porterà a incarnare il più tradizionale degli stereotipi, che neppure il modello di una madre fortissima e di un padre affettuoso potranno scongiurare.

Ma sto cercando il legame tra la me ragazza e la donna, e so che c’é almeno un’ombra che non si è mai affacciata sulla mia infanzia: l’idea che le bambine siano creature tenere e deboli, inferiori ai maschi. Che ci siano differenze nei ruoli (…). In me si fa largo confusamente la convinzione che quasi tutti i guai delle donne siano causati dagli uomini. Ma non resto a pensare troppo, il mio modello è mia madre, e lei della vittima non ha proprio un bel nulla.

FILM

Il terzo lungometraggio di Eliza Hittman Mai raramente a volte sempre è stato brevemente in sala durante l’estate, se lo avete perso è attualmente disponibile per il noleggio su varie piattaforme streaming.

La diciassettenne Autumn (la cantante Sidney Flanigan, al debutto cinematografico) scopre di essere incinta e di non poter abortire in Pennsylvania senza l’autorizzazione dei genitori; con la complicità della cugina Skylar (Talia Ryder) si imbarca in un viaggio verso una clinica specializzata a New York. Gli avverbi del titolo sono le possibili risposte al questionario che viene sottoposto alla ragazza dall’assistente sociale che cerca di capire se la ragazza sia stata vittima di violenza; la sequenza in cui Autumn deve completare il modulo è straordinaria, il primo piano di Flanigan svela, senza quasi dire una parola, la complessità di emozioni e sentimenti di una presa di coscienza di sé. Il coraggio con cui le due ragazze devono sopportare le sopraffazioni maschili per sopravvivere è raccontato senza alcuna retorica, con un linguaggio cinematografico fatto di prossimità e rispetto, lo sguardo della regista accompagna la traiettoria emotiva senza giudicare, senza pretendere spiegazioni, semplicemente mettendosi in ascolto e prendendo atto. Un racconto tutto in sottrazione, per arrivare al cuore del problema.

PERSONE

DISHA RAVI

DISHA RAVI, ha 22 anni ed è diventata il volto della ribellione alla politica repressiva del governo di Narendra Modi in India. Fra le fondatrici della sezione indiana di Fridays for Future, è stata arrestata e poi rilasciata su cauzione a febbraio per aver “formulato e pubblicizzato” una lista di suggerimenti per affiancare i contadini indiani nella loro lotta contro il governo: rilanciata in tutto il mondo lo scorso 4 febbraio da Greta Thunberg, la lista ha reso Disha un celebrità. E una nemica agli occhi del governo

LOUJAIN AL HATHLOUL Ha 31 anni, ne ha passati in carcere gli ultimi due dopo aver condotto una lunga campagna per i diritti femminili in Arabia Saudita. Dopo averla arrestata all’estero e riportata in patria con la forza, il governo ha costretto il marito a divorziare da lei e l’ha chiusa in cella per quasi tre anni, dove ha subito tortura. La sua causa ha mobilitato attivisti in tutto il mondo. Liberata qualche settimana fa in un tentativo di compiacere la nuova amministrazione Biden, resterà per i prossimi mesi una spina nel fianco per il principe ereditario Mohammed bin Salman

KAMALA HARRIS Prima donna alla vicepresidenza degli Stati Uniti, 56 anni, ha gli occhi del mondo puntati addosso. Covid, lavoro, giustizia sociale dovrebbero essere i punti chiave della sua agenda per i prossimi mesi: finora, come il presidente Joe Biden, è apparsa più impegnata a risolvere le questioni lasciate aperte dall’amministrazione Trump. Ma di certo farà parlare di sè.

KLEMENTYNA SUCHANOW è insieme a Marta Lempart la leader del movimento femminile che sfida il governo ultraconservatore in Polonia. Migliaia di donne sono scese in piazza rispondendo alla loro chiamata quando il governo ha varato una legge molto restrittiva in materia di aborto. E nonostante sia stata più volte arrestata, promette di continuare la protesta

ARORA AKANKSHA, 34 anni, doppia cittadinanza indiana e canadese, dipendente di UNDP, l’agenzia Onu per lo sviluppo, ha gettato il guanto della sfida a Antonio Guterres, il segretario uscente delle Nazioni Unite, il cui mandato è in scadenza e dovrà essere confermato o revocato nel 2022. La sua candidatura parte del basso e non ha finora l’appoggio di nessuno Stato, ma raccoglie molto successo fra i giovani e sui social network. “Voglio far funzionare meglio l’Onu per il bene di tutti. Di chi in questi anni non ha avuto voce prima di tutto”

NGOZI OKONIO-IWEALA, economista, ha assunto da pochi giorni la carica di nuovo capo del Wto, dopo una lunga carriera come ministra delle finanze e degli affari esteri nella sua nativa Nigeria e 25 anni alla Banca Mondiale. La sua prima battaglia è stata contro i pregiudizi: raccontando la sua nomina, il giornale svizzero Aargauer Zeitung ha ritenuto che la cosa più degna di nota da menzionare fosse il fatto che sia una “nonna”. Il fatto ha destato molto sdegno: un certo numero di donne a capo di agenzie delle Nazioni Unite e più di 120 ambasciatori a Ginevra hanno firmato una petizione che definiva il titolo razzista e sessista. A quel punto, il giornale si è scusato dicendo che il titolo “era inappropriato e inadatto”. Finirà qui?

JULIA NAVANYA 44 anni, moglie del leader dell’opposizione russa Aleksey, sta diventando sempre più popolare dopo l’arresto del marito. Non ha neppure commentato le voci secondo cui potrebbe candidarsi alle elezioni per rinnovare la ‘camera bassa’ del Parlamento, a settembre. Ma è evidente che il Cremlino tema che con il marito in carcere, possa essere proprio lei a galvanizzare l’opposizione al presidente Vladimir Putin. Così il leader della Duma Yacheslav Volodin ha annunciato di essere , favorevole a una legge che impedisca ai russi di concorrere per incarichi pubblici qualora il Cremlino ritenga che “lavorino per Paesi stranieri”. L’impressione però è che non basterà questo a fermarla…

WAFA MOUSTAFA 30 anni, è un’attivista siriana di Families for Freedom. E’ diventata il volto della battaglia delle famiglie siriane che hanno perso nelle prigioni di Assad un familiare: 130 mila persone arrestate dal regime di cui, da anni, non si sa più nulla, neanche se sono vive o morte. Il padre di Wafa è scomparso nel 2018 e lei ha raccontato la sua storia alle Nazioni Unite, guardando in faccia i rappresentanti di quei Paesi che hanno appoggiato Assad: “Non smetteremo di combattere per la nostra libertà. Chi siete voi per dire che non abbiamo speranza?”

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