#ProssimaMente – Diamo alla cura il valore che merita

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Foto di CDC da Pexels

di Giada Baesse

Questo virus ha portato alla ribalta quelle professioni di cura svalutate e spesso portate avanti da donne. Ci si è accorti/e che sono una categoria di lavoratrici e lavoratori esposta a rischi, prima si credeva che gli incidenti sul lavoro riguardassero solo i cantieri e le fabbriche, ora si scopre che anche a curare le persone si rischia di morire. L’appellativo eroe, e mai eroina, è profuso in grande quantità, attribuito alle stesse persone che fino a prima facevano il turno di notte in Guardia Medica da sole, sperando che a nessuno venisse l’idea di entrare e distruggere l’ambulatorio, se andava bene. Se andava male a stuprarle. Le stesse persone che lavoravano e continuano a lavorare per uno stipendio misero se consideriamo il carico fisico e emotivo che comporta.
Ma come mai queste professioni svalutate e poco pagate sono svolte da donne? Innanzitutto nell’immaginario comune l’uomo forte lavora e produce, non può certo perdere il suo tempo prezioso, il tempo è denaro d’altronde, nelle relazioni lunghe e sfibranti che la cura comporta. Continua a leggere

#ProssimaMente – Essere anziane: compatite ed escluse

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Tempo fa, quando ancora si entrava in banca senza mascherina, senza guanti e senza appuntamento, volevo prelevare contanti alla cassa veloce. Iniziai la procedura finché non comparve l’indicazione di premere il tasto verde. Il tasto verde non c’era, chiamai un impiegato che mi disse “per questa volta la aiuto io” usando un tasto che non era verde. “Se lo ricordi!”.

Mi piace capire, quindi andai dal direttore il quale mi spiegò che all’inizio il tasto era verde ma poi il colore si era cancellato. “E perché non è stato modificato?” chiesi. “lo faremo, lo faremo, contenta?” (questo perché sono una cliente vecchia, più che una vecchia cliente). Continua a leggere

#ProssimaMente – Post-it di una giornalista di moda in quarantena

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di Sara Kaufman

Post-it con appunti presi in queste settimane – mentre la moda, di cui sono solita occuparmi, è ferma. Spunti per articoli o, semplicemente, cose da tenere a mente.

Post-it uno: casa mia. Incredibile come si fanno strada stereotipi e cattive abitudini. Casa mia allo scoccare del lockdown è tornata agli anni Cinquanta. Lui lavora, io mi occupo della casa e del bambino. Il mio lavoro? Secondario in quanto meno retribuito. Mica si può campare coi due spicci che guadagno io, ci vuole uno stipendio vero, uno stipendio ‘maschile’. Non c’è stato neanche bisogno di discuterne: un tacito accordo familiare. Normale, quello che non è normale è che sia la normalità. Come giornalista di moda freelance non mi aspetto di guadagnare quanto un ingegnere meccanico – sono, a prescindere dal genere, categorie salariali diverse. Però piacerebbe anche a me avere uno stipendio ‘maschile’, ancorché da giornalista di moda. Se poi ci fosse anche il famoso reddito di cura del quale tanto si discute, forse il mio compagno avrebbe detto “sai che c’è? lavora tu, che se non scrivi per due mesi sparisci dalla piazza. Tanto col reddito di cura i conti tornicchiano.” Magari glielo avrei detto io. Quantomeno ne avremmo discusso.

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#ProssimaMente – Il plusvalore del lavoro di cura

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di Simona Ricci

Per almeno un ventennio, dalla Legge 53/00 che ha determinato sicuramente uno spartiacque legislativo in tema di politiche di conciliazione tra cura e lavoro, ci siamo sperimentate in progetti, formazione, politiche culturali che avevano l’obiettivo di diffondere esperienze e pratiche, soprattutto contrattuali ma non solo, attraverso le quali abbiamo tentato di produrre un cambiamento culturale, innanzitutto nelle aziende e negli enti pubblici.

Avevamo l’ambizione che la cultura d’impresa potesse cambiare, che di fronte ad una richiesta di congedo, di flessibilità in entrata o in uscita, una richiesta di part time, anche temporaneo, non ci saremmo trovate di fronte ad un muro, ad un no, o anche ad un sì però condizionato. Continua a leggere

#ProssimaMente – L’Europa riparta da Lesbo

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Photo by Stefano Stranges

di Federica Tourn

Quando nell’estate del 2016 guidavo fra gli stretti tornanti dell’isola di Lesbo, in un paesaggio di roccia spaccato dal sole, con lo sguardo che vagava sullo stretto braccio di mare scintillante alla ricerca di un puntino, un barcone alla deriva, ero assillata dai numeri. Tanti ne sbarcavano, di siriani in fuga dalla guerra, bagnati fino alle ossa, in un silenzio che non avresti immaginato, e subito in qualche modo venivano registrati e ribattuti – ritwittati – da qualche agenzia, da ong, da fonti dei ministeri, dai sancta sanctorum europei, in accordo con il cane da guardia turco. Tanti ne arrivavano, di donne, uomini e bambini, tanti sarebbero dovuti tornare indietro, o redistribuiti in paesi malcontenti di farsene carico. Tanti, troppi ne morivano – e qui le notizie si facevano vaghe, il numero dei dispersi, lo sappiamo, si arrotonda sempre per difetto. Continua a leggere

La repubblica delle madri

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di Cecilia D’Elia e Giorgia Serughetti

Maria Rosa Cutrufelli ci aveva abituato a riletture del passato, con romanzi come I bambini della ginestra (2012), sulla strage del 1° maggio 1947 a Portella della Ginestra, o come Il giudice delle donne (2016), sulla storia della maestre marchigiane che avevano raccolto l’appello di Maria Montessori a chiedere il diritto al voto anche per le cittadine. Con il suo ultimo romanzo, L’isola delle madri, Cutrufelli ci porta invece nel futuro, in un mondo malato, sconvolto dai mutamenti climatici, dall’inquinamento, alle prese con una grande pandemia, la “malattia del vuoto”, ovvero la sterilità del genere umano.

Sì, avete letto bene, siamo alle prese con una pandemia, un tempo in cui “lo straordinario ha preso il posto dell’ordinario”. Pubblicato e arrivato in libreria qualche giorno prima del lockdown, leggerlo nel pieno dell’esperienza del distanziamento è stato un esercizio di lucido attraversamento della malattia del mondo. Le pagine raccontano un futuro distopico così familiare e le protagoniste sono così prossime a noi stesse – o a donne che potremmo conoscere – che è difficile non leggervi una potente critica al mondo odierno e una riflessione sulla maternità, in tempi di tecnologie riproduttive, che rimette al centro le donne e le relazioni tra loro. La stessa autrice, a proposito della scrittura e del rapporto con il futuro, afferma di essersi attenuta alla stessa regola di cui parla Margaret Atwood: “Non includere nei libri nulla che non sia già stato fatto nella realtà, in qualche altro luogo o tempo, o per cui non esista già una tecnologia”. Continua a leggere

#ProssimaMente – Ripartire dalla casa, con uno sguardo nuovo

di Laura Fano

Scrivo queste riflessioni da casa, ovviamente, e le scrivo con difficoltà perché, non solo non ho “una stanza tutta per me”, ma anche perché questa casa si è trasformata in ufficio, scuola, palestra. Mai come durante questa quarantena si è reso manifesto, in tutta la sua evidenza, il nervo scoperto delle nostre società. La casa, sempre relegata nell’invisibilità, è diventata il centro della vita e della narrazione. Nella narrazione c’è una casa idealizzata, dove saremo al sicuro, dove anzi possiamo scoprire il piacere della lentezza e dell’ozio, fare pane e praticare yoga. Contro questa romanticizzazione, la quarantena ha messo a nudo le contraddizioni dello spazio-casa, che non è affatto un’unità armonica, bensì un luogo dove costantemente avviene una negoziazione per la divisione sessuale del lavoro. Il confinamento ha portato a quello che Veronica Gago ha descritto come “l’implosione della casa”, e ha messo a nudo ciò che il femminismo ha mostrato da tempo ma che si è sempre scelto di non vedere, ossia il lavoro riproduttivo svolto dalle donne gratuitamente e nell’invisibilità delle case, e che sostenta la società e l’economia. Continua a leggere

Oltre il velo di Silvia

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di Renata Pepicelli

In questi giorni ho scelto di non esprimermi pubblicamente sulla liberazione di Silvia Romano e quello che ne è seguito. Ho preferito aspettare per capire meglio, fermandomi, come ha scritto Annalisa Camilli, sulla soglia di quell’abbraccio potente tra una madre e una figlia finalmente di nuovo insieme. Un abbraccio bellissimo, emozionante, che tuttavia credo che non ci avrebbero dovuto mostrare, data la sua dimensione così intima e privata. Vedendo il dibattito proseguire con inaudita violenza, sento però il bisogno di provare a dire qualcosa anche io. E dire innanzitutto che il ritorno di ostaggi – con le loro storie spesso indicibili – non va dato in pasto alla pubblica opinione. È stato un errore gestire in questo modo il rientro in Italia di Silvia, che sta pagando un alto prezzo per le scelte dissennate altrui e per il suo corpo di donna, di giovane donna, che ha intrapreso percorsi che non appartengono al pensiero e alla pratica comune, sebbene iscritti nel solco di una generazione di giovani che, cresciuti nell’era dei progetti Erasmus, della globalizzazione e della crisi economica, credono che casa possa essere il mondo intero. Giustamente Lea Melandri ha osservato che, se Silvia fosse stata un uomo, non le sarebbe stato riservato il trattamento ignobile con cui è stata accolta al suo rientro in Italia. “Non c’è niente da fare – ha scritto Flavia Perina – : l’uomo che si impegna in un’impresa pericolosa – che si arruoli nella Legione Straniera o coi curdi del Rojava – è un eroe; la donna che aderisce a una causa morale di qualunque tipo è una sventata, una scema, una poveretta inconsapevole e manipolata”. Continua a leggere

#ProssimaMente – Il corpo al centro della scena educativa

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Jérôme Bel – Gala

di Roberta Ortolano

Prendere un mezzo pubblico a Roma certe volte vuol dire essere schiacciati in un corpo a corpo, fino a non poter respirare. Al di là del fatto che i mezzi sono oggettivamente pochi e spesso pure mal funzionanti, una delle cose più frequenti che mi è capitato di pensare è questa: ma come sarebbe bello se ora questo nostro stare appiccicati in questo spazio si trasformasse in una danza, come in uno di quei laboratori espressivi in cui ciascuno impara a occupare tutto lo spazio che c’è senza assalire l’altro, sapendosi guardare intorno, avendo cura di chi ne ha più bisogno, percependo forze ed equilibri. Chi prende i mezzi sa che spesso il problema è che le persone si affollano attorno alle porte d’uscita, per la paura del tutto giustificabile di restare ingabbiate, lasciando lo spazio centrale della vettura semivuoto. Succede che ci si arrabbia gli uni contro gli altri, ci si insulta, qualche volta ci si picchia pure. Continua a leggere

ProssimaMente – open call: il mondo nuovo, facciamolo femminista

ProssimaMente

Idee e pratiche femministe per il tempo che verrà

Open call

«Vogliamo essere all’altezza di un universo senza risposte»

Carla Lonzi

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Niente sarà più come prima, questo sembra essere chiaro a tutte e tutti. La pandemia ha sconvolto l’organizzazione sociale e la nostra vita quotidiana con una velocità e un’intensità senza precedenti in tempi di pace.

Niente dovrà più essere come prima. La crisi ha messo in discussione gerarchie consolidate, per esempio rendendo più evidente che mai l’importanza di lavori scarsamente valorizzati, come quelli di cura e di sostegno alla vita. Ci ha mostrato quanto siano legate la salute della collettività e quella dei singoli.

La crisi ci ha reso uguali nella fragilità di fronte al virus, ma ha fatto risaltare le enormi disparità che segnano le nostre vite e che ci fanno diversi di fronte all’emergenza. Vecchie disuguaglianze si sono acuite, nuove se ne sono prodotte.

Il mondo, già fortemente compromesso dalla crisi climatica, sociale, economica vede profilarsi dinanzi a sé la peggiore recessione globale dai tempi della grande depressione. E una nuova, gigantesca divisione del lavoro e di destini tra i generi potrebbe riprodursi, a dispetto del cambiamento avvenuto, delle leadership femminili in azione, della libertà femminile in circolo, del lavoro e dei pensieri di tante. Soprattutto a dispetto di quello che questa crisi ci insegna.

Questa è una sfida storica. Il dopo sarà determinato da quel che sapremo mettere in campo ora, idee ma anche pratiche ed esperienze.

Non si può pensare un mondo nuovo senza le donne, pena la scissione dalla realtà. Nel nostro paese si formano task force composte solo o in gran parte di uomini. La rappresentazione del paese che emerge dai luoghi decisionali, dalle conferenze stampa, dai confronti tra esperti è quasi esclusivamente maschile. La voce delle donne è silenziata. Non è solo ingiustizia, è follia. Una follia che non solo denunciamo, ma rispetto a cui ci ribelliamo, prendendo lo spazio che ci appartiene. Non accettiamo che partiti politici, testate giornalistiche, continuino a narrare e a pensare il mondo senza di noi.

Se vogliamo davvero un mondo nuovo, e lo vogliamo, dobbiamo fare in modo che sia segnato dal sapere e dalle pratiche del femminismo. Che parla, ha sempre parlato, del mondo intero.

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ProssimaMente è una call promossa da Femministerie per stimolare, raccogliere ed ospitare testimonianze e riflessioni che mettano al centro visioni e proposte per il prossimo futuro, in un’ottica di genere e femminista.

Femministerie, attraverso ProssimaMente, si propone di costituire un “ideario”, un “esperienziario”, che a partire dall’analisi dell’attuale crisi, ma anche dalla ricchezza di pensiero e pratica dei femminismi, in tutto il mondo, faccia circolare messaggi, spunti creativi, elementi di conoscenza, approfondimenti su realtà meno visibili o da ripensare e reimmaginare.

ProssimaMente è un laboratorio di pensiero e pratiche situate, che intende valorizzare le esperienze e le competenze delle singole e dei singoli, per una elaborazione collettiva e politica di proposte per il tempo che verrà.

Siamo convinte, in particolare, che i temi seguenti meritino di essere esplorati perché sono quelli che sono stati maggiormente interessati e stravolti dalla crisi sanitaria o perché si sono imposti come decisivi per ripensare il futuro:

– la scuola come fondamento di democrazia

– il lavoro tra produzione e riproduzione

– la cultura e il lavoro culturale

– la tutela ambientale

– il ruolo dei movimenti sociali e politici

– le migrazioni e la cittadinanza

– la cura come manutenzione del nostro mondo

– le età della vita e i loro diritti

– la salute del corpo e della mente 

Siamo aperte però anche ad altre proposte.

Per partecipare alla call basta inviare il proprio testo alla mail femministerie@gmail.com I testi verranno pubblicati sul blog di Femministerie e diffusi attraverso i canali social. Il limite massimo per ciascun testo è di 5.000 battute spazi inclusi.

Il mondo va ripensato, quello nuovo facciamolo femminista.