di Laura Fano
Scrivo queste riflessioni da casa, ovviamente, e le scrivo con difficoltà perché, non solo non ho “una stanza tutta per me”, ma anche perché questa casa si è trasformata in ufficio, scuola, palestra. Mai come durante questa quarantena si è reso manifesto, in tutta la sua evidenza, il nervo scoperto delle nostre società. La casa, sempre relegata nell’invisibilità, è diventata il centro della vita e della narrazione. Nella narrazione c’è una casa idealizzata, dove saremo al sicuro, dove anzi possiamo scoprire il piacere della lentezza e dell’ozio, fare pane e praticare yoga. Contro questa romanticizzazione, la quarantena ha messo a nudo le contraddizioni dello spazio-casa, che non è affatto un’unità armonica, bensì un luogo dove costantemente avviene una negoziazione per la divisione sessuale del lavoro. Il confinamento ha portato a quello che Veronica Gago ha descritto come “l’implosione della casa”, e ha messo a nudo ciò che il femminismo ha mostrato da tempo ma che si è sempre scelto di non vedere, ossia il lavoro riproduttivo svolto dalle donne gratuitamente e nell’invisibilità delle case, e che sostenta la società e l’economia. Continua a leggere