Sei donne intorno al cor mi son venute: appunti su sei artiste dal vivo dopo il lockdown

di Sara De Simone

Mi è sempre piaciuto l’incipit di quella canzone di Dante in cui il poeta, solo ed esiliato, vede disporsi attorno al proprio cuore tre donne, con cui – tramite l’intermediazione di Amore, che del suo cuore è sovrano – inizia un dialogo.

È un’immagine intima, raccolta, e al contempo dà il senso di una scena, di un débat interieur che si realizza plasticamente nello spazio: «Tre donne intorno al cor mi son venute,/ e seggonsi di fore:/ ché dentro siede Amore,/ lo quale è in segnoria de la mia vita.». Pensando a queste donne, che sono allegorie eppure hanno un corpo – tanto vivo e presente da consentire loro di “sedersi” fisicamente attorno al cuore del poeta – sono riuscita a comprendere meglio la sensazione che mi ha dato l’assistere di nuovo, finalmente, ad alcuni spettacoli dal vivo dopo i lunghi mesi del lockdown.

Fiorenza Menni, Francesca Pizzo, Eleonora Sedioli, Giorgina Pi, Silvia Calderoni, Angela Baraldi

Prendere parte come spettatori e spettatrici ad un evento artistico è sempre andarsi a sedere attorno al cuore di qualcuno. E al contempo ospitarlo intorno al proprio. Il movimento, lo sappiamo, è doppio e continuo, un farsi visita a vicenda che non esclude squarci e trafitture.

Ho avuto l’occasione di ricominciare ad attraversare lo spazio dello spettacolo dal vivo al Festival di Santarcangelo dei teatri (14-19 luglio, edizione speciale, la cinquantesima) e a Short Theatre (XV edizione, 4-13 settembre, Roma), due realtà che, in maniera diversa, costituiscono ormai da tempo un punto di riferimento per la ricerca e la pratica artistica a livello internazionale. E che quest’anno si sono dimostrate in grado, nonostante tutte le difficoltà del caso, di ospitare programmi ricchi e a fuoco, che tenessero al centro i concetti di comunità, di vulnerabilità e soprattutto, mi sembra, di crisi, in un senso profondo e trasformativo.

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Voto No. Ma il No non basta

di Giorgia Serughetti

Tagliare di un terzo il numero dei parlamentari: sì o no? Domenica e lunedì andremo a votare su un quesito referendario che invita ad approvare o respingere un nuovo tentativo di modificare la Carta del 1948 con l’intento dichiarato di migliorare la funzionalità delle istituzioni democratiche.

Le ragioni del “sì” parlano di risparmio sui costi della politica e di aumento dell’efficienza dei lavori parlamentari. Quelle del “no” si incentrano piuttosto sul rischio che, specie in assenza di correttivi elettorali, si vada a ridurre la rappresentatività, andando a penalizzare i partiti minori e alcune zone del territorio nazionale, non riuscendo nel contempo a incidere sull’efficienza senza una revisione dei meccanismi di formazione del processo legislativo.

Personalmente, condivido le ragioni del “no”. Considero quella su cui siamo chiamati a esprimerci una riforma che, nata nel brodo di coltura dell’antipolitica, svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentatività, senza offrire vantaggi apprezzabili. In più, condivido la preoccupazione delle “donne per il no” secondo cui il taglio penalizzerebbe l’elezione delle donne, ancora gravemente marginalizzate nei luoghi decisionali, aumentando la competizione e rafforzando i sistemi di cooptazione interna. Continua a leggere

Madri e no di Flavia Gasperetti

di Francesca Mancini e Maddalena Vianello

“La società ci dice che la vita di chi è genitore ha intrinsecamente più valore di quella di chi non lo è, e questo probabilmente aggrava lo sconforto di tutti. Crea uno stigma sociale che può portare chi non ha figli a sentirsi incompleto, mancante, e similmente pesa su chi invece si cimenta nell’impresa e non riesce ad assaporare la felicità promessa.” Flavia Gasperetti

Ti ricordi? Ti ho scritto dopo aver intravisto un tuo post sui social e ti ho chiesto: ma quel libro vale veramente la pena? Mi hai risposto un sì, molto deciso. Sei sempre molto decisa sui libri che leggi. E io, come spesso accade, ho seguito il tuo consiglio. E per fortuna perché “Madri e no” di Flavia Gasperetti è un libro potente, importante.

Ho trascorso la prima estate della vita di mio figlio – fra un salvagente e una paletta – a rosicchiare qua e là minuti per leggere, sottolineare, appuntare. Ho trovato buffa questa coincidenza. Un libro scritto da una donna che di figli biologici non ne desidera convintamente, consigliato da un’amica che di figli biologici non ne desidera altrettanto convintamente, letto e inseguito nella mia prima estate da madre. Eppure, è proprio questa la potenza di “Madri e no”. Abbattere muri immaginari. Quei muri alzati troppo spesso fra le donne e dalle donne che scelgono di essere madri (riuscendoci) e quelle che no. Muri fatti di accuse celate, di competizione, di rivendicazione, ma sottotraccia: la scelta più coraggiosa, più altruista, più pura politicamente, più libera dai dettami sociali. Meccanismi a me estranei, che generano, però, il sospetto del bisogno di rafforzare la propria posizione, puntellandola di dogmatismi per renderla patinata e rassicurante.

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