di Stefania Vaccaro
Due sono le motivazioni che mi hanno spinto ad avvicinarmi all’opera della scrittrice siriana Samar Yazbek: l’amore per la traduzione letteraria e l’ammirazione per le donne, soprattutto quelle coraggiose.
Tradurre la letteratura rappresenta per me il modo più passionale, coinvolgente e viscerale per entrare nell’intimità più profonda di un testo, ‘spogliarsi’ di convinzioni, ricordi e pensieri propri per abbracciare convinzioni, ricordi e pensieri di un altro essere umano.
Quando ho deciso di darmi questa occasione, non ho avuto alcun dubbio: volevo la voce di una donna e volevo trovarla in Siria: in una terra che nel corso della sua storia ha dovuto imparare, suo malgrado, a convivere con la paura e a doverla affrontare ogni giorno per sopravvivere, ero certa che avrei trovato il coraggio.
Nata nella città siriana di Ǧabla il 18 agosto 1970, Samar Yazbek è una giornalista e scrittrice affermata, regista e sceneggiatrice per il cinema e la tv che all’inizio delle rivolte, nel marzo 2011, sceglie di scendere in piazza a fianco di chi manifesta per chiedere una Siria aperta e democratica, sull’onda delle Primavere arabe che hanno già toccato Tunisia, Egitto e Yemen. Una scelta doppiamente coraggiosa la sua: perché Yabzek ha già sfidato la società con un romanzo –“Il profumo della cannella”, uscito in Italia nel 2010 – in cui svela uno dei tabù più segreti della società araba, l’omosessualità femminile, e perché la scrittrice è alawita, appartiene dunque alla stessa setta religiosa del presidente Bashar al Assad. Quella che da decenni gestisce il potere in Siria e che non tollera al suo interno alcun dissenso.
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