Ridere senza vergogna: una storia a fumetti dei genitali femminili

di Chiara Anselmi

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Nel 2017 una vorrebbe sperare che la parola vergogna associata ai genitali femminili fosse solo una reminiscenza arcaica ormai superata. In realtà è sufficiente digitare vaginoplastica su Google per ottenere decine di migliaia di risultati e realizzare che è un intervento assai richiesto (o desiderato). Evidentemente molte donne non provano più un generico imbarazzo per il fatto di avere una vulva, ma sono schiacciate da un senso di inadeguatezza per quella di cui la natura le ha individualmente provviste.

Magari siete tra quelli che pensano sia un problema il fatto che nella nostra cultura l’organo sessuale femminile sia reso invisibile e coperto di vergogna; esordisce il saggio a fumetti Il Frutto della Conoscenza scritto da Liv Strömquist (fumettista svedese, conduttrice radiofonica e attivista politica) appena pubblicato in italiano da Fandango libri. La graphic novel è un’erudita ed esilarante storia sociale della vulva dall’età della pietra ai giorni nostri.

Dal pennino caustico dell’autrice non si salvano né Sartre né Freud né il Levitico con le sue descrizioni del ciclo mestruale. E neppure la NASA: irresistibile l’episodio degli alieni che ricevono la tavoletta spedita nello spazio raffigurante un omino, col suo pene ben disegnato, e una donnina liscia e piatta più o meno come una bambola Barbie. Nella classifica dei 7 uomini che sono stati troppo interessati al cosiddetto ‘organo sessuale femminile’ Strömquist include imprevedibilmente J.H. Kellogg che, oltre ad aver inventato i corn flakes (cosa per la quale avremmo anche potuto in fondo perdonarlo), era medico e ‘curava’ la masturbazione versando acido corrosivo sui genitali delle sue pazienti. Tra una risata e l’altra ci si rende conto che la clitoridectomia è stata praticata legalmente nella nostra cultura per tutto l’ottocento (l’ultima negli USA nel 1948, su di una bambina di 5 anni).

Ma ci racconta anche delle divinità preistoriche raffigurate con genitali enormi, della feste dedicate alla dea gatta Bastet in cui le donne danzavano mostrando la vulva, dello stigma delle mestruazioni, di orgasmo, di binarismo di genere, di intersessualità.

E se davvero sarà una risata a seppellire la vergogna di aver relegato il sesso femminile tra le cose che non si devono menzionare, tanto meno raffigurare, allora un libro intelligente e spiritoso come questo non può che essere definito una gran ficata!

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