Il bracconiere e la falena

il-bracconiere_00di Giorgia Serughetti

“Non ho capito subito il senso del suo soprannome, Brak, il bracconiere…”. Bracconiere è chi caccia di frodo, il cacciatore attratto dalla sensazione adrenalinica di violare le regole, di fare dispetto “a chi fa pagare un permesso per ciò che egli considera un diritto”. È colui che spara a tutto ciò che sente muoversi nel bosco, sulla montagna, verso cui non porta alcun rispetto. È colui che si nutre del potere sull’altro. E ha così già cominciato a distruggere se stesso.

Nel romanzo di Valentina Musmeci, Il bracconiere, la caccia di frodo diviene metafora per un racconto di violenza domestica. Il racconto di Bruno, uomo brutale e infantile, arrogante e manipolatorio, che agisce con modalità distruttive la relazione con Diamante. Diamante, che figura come la principale voce narrante, è una donna che chiameremmo “forte”, e che tuttavia è dapprima indebolita dalla relazione con lui, poi spaventata, poi disorientata quando si rende conto del punto cui può giungere la volontà di annientamento che lui le volge contro.

Chi è la persona che ho sposato? Come ho fatto a innamorarmi di lui?

Ora non è questo che importa, le dice un’amica. Importa perché lui lo fa. “Secondo me è un uomo braccato dalla paura, dalla paura di non farcela, dalla paura del confronto. È succube delle paure inculcate nell’infanzia e delle sue debolezze non ammesse perché deve essere il più bello, il primo sempre. Il confronto lo massacra. Anche se inteso solo come dialogo. Lui lo vive come un match”. Voleva una suddita, non una moglie. O una preda, di cui fare un trofeo.

In questa ricerca di senso, in una storia familiare che assume progressivamente caratteri tragici, si affollano personaggi di diverse generazioni, a illustrare il riprodursi di modelli relazionali e di attaccamento perversi e abusanti. Al fine di produrre un effetto polifonico, il romanzo alterna narrazioni in prima e in terza persona, insieme a lettere e pagine di diario.

La storia di Diamante, che non indulge mai nel vittimismo, è anche una storia di rinascita attraverso la consapevolezza. Come lo è quella di Pia, altro personaggio del romanzo, il cui racconto si snoda attraverso gli anni della contestazione e quelli dell’eroina.

Simbolo di cambiamento e rinascita diventa la falena, o meglio “Falenablu”, l’installazione a cui Diamante lavora per un’esposizione.

Falenablu esiste: è un progetto, animato da Valentina Musmeci tra Trento e Rovereto, e realizzato in collaborazione con il museo MART. Ogni anno, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, organizza laboratori artistici e autobiografici sulla memoria emozionale, rivolti a donne che hanno incontrato situazioni di violenza in famiglia o nella coppia.

L’idea è che la donna, lavorando su di sé, possa trasformarsi da creatura “rotta” in creatura “creatrice”. Un’evoluzione simile alla metamorfosi della falena.

 

Valentina Musmeci

Il bracconiere

Editrice La Grafica, Trento 2018

 

Un pensiero su “Il bracconiere e la falena

  1. Pingback: Il bracconiere: intervista a Valentina Musmeci – Biblioprecaria

Lascia un commento