Il futuro delle donne: quale “next generation”?

di Cecilia D’Elia e Giorgia Serughetti

Immagine tratta dalla pagina Facebook della Casa Internazionale delle Donne

Secondo l’Istat, nel secondo trimestre del 2020 abbiamo registrato 470 mila occupate in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Di queste, 323 mila avevano un contratto a tempo determinato. Il tasso di occupazione femminile resta così sotto la soglia del 50%, attestandosi al 48,4, mentre il divario fra tasso di occupazione delle donne e quello degli uomini è del 18,9%, tra i peggiori in Europa.

La pandemia, nella quale siamo ancora immersi, ha esasperato i carichi domestici e di cura, e impoverito le donne. Come ha ricordato Marcella Corsi, la situazione economica che stiamo vivendo può essere definita con il termine inglese Shecession, una recessione che colpisce le donne molto più degli uomini, a differenza della crisi del 2008 che fu invece una Hecession, a causa della forte perdita di posti di lavoro concentrata nell’edilizia e nell’industria manifatturiera.

La Shecession nel nostre Paese può avere effetti drammatici, intervenendo su un sistema già fortemente segnato da disuguaglianze di genere. Per questo la sfida è epocale: cambiare tutto, oppure perdere del tutto la possibilità di guardare al futuro, di investire sul futuro, anche in termini di scelte di vita.

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#ProssimaMente – Quale futuro?

Lx Factory

di Anna Argirò

Siamo noi giovani ad avere un’idea del mondo di oggi, senza essere legati a blocchi superati. Non siamo smarriti o sognatori, siamo determinati e fiduciosi. Ci diamo da soli quell’incoraggiamento che gli adulti, spesso bloccati da una sorta di ‘ignoranza empirica’, non ci trasmettono. Noi ragazzi e ragazze dobbiamo cercare di pensare in grande, di tendere a qualcosa che superi la semplice aspirazione ad una vita tranquilla. Tutto ciò comporta il rischio di illudersi, ma almeno permette di provare a uscire dalla massa grigia che ci circonda”.  Rileggo queste parole che ho scritto quando avevo diciotto anni per un concorso su “La generazione degli anni zero”. Il mio testo iniziava con un riferimento all’11 settembre, data che aveva tragicamente aperto il nostro millennio. Pur non avendo un ricordo nitido degli eventi di quella giornata e di quelli successivi, mi era rimasta dentro una sensazione: come se tutto il mondo fosse unito, solidale e soprattutto consapevole del fatto che dopo quell’11 settembre niente sarebbe stato più come prima.  Continua a leggere

Tutt* a casa: il domestico-perturbante

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di Giorgia Serughetti

Stiamo a casa, se possiamo, nel mezzo di questa spaventosa epidemia. Mentre gli schermi di smartphone, tablet e pc diventano per molte e molti l’unica finestra sul mondo, da casa si lavora, si fa lezione di matematica, si fanno corsi di ginnastica, musica, maglia o cucina online. Forse questa crisi ci cambierà, quel che certo è che ha già cambiato il significato di quel luogo che per ciascuna e ciascuno è la casa. Non più (solo) luogo dell’intimità, la casa diventa uno spazio aperto a continue incursioni esterne: telefoni che squillano, videochiamate, videoconferenze. E intanto si passa l’aspirapolvere, un bambino piange, il gatto si sdraia sul tappetino per il pilates, dalla cucina arriva rumore di piatti.

C’è qualcosa che viene avvertito come comico, ridicolo, nelle immagini e nei racconti del lavoro da casa di quelle migliaia di persone che vi si trovano costrette per la prima volta a causa del Covid-19. Continua a leggere

Donne, lavoro, maternità: le discontinuità necessarie

imagesdi Cecilia D’Elia e Giorgia Serughetti

In Italia una donna su due non lavora. E il lavoro è spesso così precario e intermittente da costringere a ritardare indefinitamente le scelte di maternità.

Quando poi in Italia le donne fanno un figlio, in 4 casi su 10 restano escluse dal mercato del lavoro. Non solo sono licenziate o discriminate in quanto madri, ma si trovano a sobbarcarsi la gran parte del lavoro domestico e di cura: nel loro monte ore di lavoro quotidiano, il 75% è in attività non retribuite. Questo è uno dei più gravi ostacoli alla loro effettiva realizzazione lavorativa. Continua a leggere

Credere

Un giorno verrà_Caminitodi Maddalena Vianello

Il Novecento si affaccia portando con sé nuove idee politiche, una guerra mondiale e un’epidemia spaventosa. La fede, invece, permane apparentemente immobile.

A Serra de’ Conti – terra di mezzadria – la lotta, le partenze per il fronte, le morti insieme alla fame segnano uomini e donne.

In “Un giorno verrà” le storie di Lupo e Clara si rincorrono. Una suora di nome Nella li lega loro malgrado.

Lui è un giovane anarchico rivoluzionario, coraggioso e determinato. Un unico tallone d’Achille, il fratello Nicola. Il solo con cui riesce a mettere in campo la tenerezza.

Lei è la badessa del convento di clausura, conosciuta anche come la Moretta per il colore della pelle. Considerata santa in tutto il circondario, originaria del Sudan, è una spericolata conoscitrice delle strategie ecclesiastiche, pur essendo una donna. Continua a leggere

“E io pedalo”, un viaggio in bicicletta lungo la libertà delle donne

E io pedalo_Donatella Allegro

 

di Maddalena Vianello

Avete mai pensato alla biciletta come un simbolo di libertà e di emancipazione? Beh, così è stato e così è ancora.

Donatella Allegro ci accompagna lungo il corso del XX secolo – con qualche libera digressione – per una pedalata lungo la storia delle donne e il loro rapporto con la bicicletta. Il viaggio è avvincente.

“E’ un percorso a tappe attraverso alcune storie di donne che hanno voluto, fortissimamente voluto, la bicicletta; donne per le quali essa è stata molto più che un mezzo di trasporto: è stata le ali, è stata via di fuga, è stata trampolino, è stata un dispetto, uno sberleffo alla famiglia, agli uomini, alla gente per strada e ai giornali. Sono storie […] di donne che cercando la propria identità e la propria libertà hanno trovato una perfetta alleata nella bicicletta.”

La bicicletta è veloce e porta lontano. Sfugge al controllo sociale. Infatti, nell’immaginario collettivo è roba da uomini ed è considerata decisamente sconveniente per le donne. Impone un movimento fisico che poco si addice alla compostezza prescritta a queste ultime. Per non parlare delle caviglie che inevitabilmente vengono mostrate e della necessità di un abbigliamento adeguato che licenzi per sempre corpetti opprimenti, gonne troppo strette e lunghe. I raggi delle ruote sono spietati e non fanno sconti. Continua a leggere

Regione Lazio e legge 194: una storia importante

abortodi Maddalena Vianello

All’ospedale San Camillo si pratica circa il 30% delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) di Roma. Sappiamo che alcune donne arrivano da fuori città, da luoghi in cui abortire non è più possibile. Molte di queste, tuttavia, non hanno la fortuna di rientrare fra gli interventi in programma giornalmente, troppo pochi rispetto alla domanda. Sappiamo che le condizioni di accoglienza ed erogazione del servizio non sono delle migliori per usare un eufemismo (raccomando la visione del documentario “Obiezione vostro onore”). Sappiamo anche, però, che quello del San Camillo non è un caso isolato e nemmeno dei peggiori.

La diffusione dell’obiezione di coscienza – in alcune regioni d’Italia sfiora il 90% – inficia l’efficacia del servizio pubblico. Tanto che la LAIGA (e non solo) denuncia un’allarmante recrudescenza dell’aborto clandestino.

In questo quadro si inserisce il Bando della Regione Lazio per l’assunzione di due medici per l’applicazione della legge 194, difeso con convinzione dal Presidente Nicola Zingaretti. Attenzione, il bando non si rivolge unicamente ai medici non obiettori, esplicita piuttosto la funzione a cui sono chiamati: il servizio pubblico per l’IVG previsto dalla legge 194. Per dirlo con parole mie, per garantire la libertà e un diritto delle donne. Continua a leggere

Cuori ribelli – Consigli per ragazze timide geniali

di Belle Minton

meredith-cristina-dance

Cara redazione,
sono una ragazza di 25 anni, lavoro in un settore molto competitivo (la ricerca accademica) e sono giudicata da molti colleghi “piccola” ma al tempo stesso un genio solo per aver bruciato le tappe professionali ed essere già arrivata fino a qui. La grande competenza in campo professionale (che sinceramente faccio fatica a riconoscermi, non riuscendo nemmeno a godermi appieno i complimenti che mi vengono fatti) non corrisponde nella vita di tutti i giorni ad una fiducia piena in me stessa. Soprattutto con i ragazzi non so come comportarmi, sentendomi sempre molto imbranata, come se fossero sempre tutti pronti a giudicarmi e a cogliere qualsiasi cosa sbagliata che io dica. Credo che questo atteggiamento sia da attribuire anche a mia madre, che per anni mi ha ripetuto di essere indipendente, formarmi una mia identità guardandomi bene dalle relazioni, che mi avrebbero precluso tutto. Pur apprezzando l’insegnamento all’insegna dell’indipendenza di mia madre, ogni volta che parlo con un ragazzo non so come comportarmi, soprattutto se mi piace; se invece si avvicina lui per primo, io scappo a gambe levate. La domanda, che so già essere senza risposta è: come posso cambiare tutto questo? Diventare una persona più spigliata, qualcuno che colpisca di più, invece della solita ricercatrice, seppur competente, sempre in ombra (esempio: se ci sono delle feste, l’idea di ballare mi fa piangere a dirotto e cerco di evitare tutte le situazioni di questo tipo)…

Minerva

Cara Minerva,

hai scelto di firmarti con il nome dato dai romani alla dea greca Atena. C’è un bel libro della psicoanalista junghiana Jean S. Bolen, intitolato Le dee dentro la donna, che descrive le principali divinità femminili della mitologia greca come altrettanti archetipi potenzialmente presenti nella psiche di una donna. Nelle pagine dedicate ad Atena, dea della saggezza e dei mestieri, guerriera e grande stratega che nasce già adulta e armata dalla testa di Zeus (la “figlia del padre”), Bolen mette l’accento sulle sue qualità di dea vergine e invulnerabile, ovvero non interessata alle relazioni sessuali e sentimentali e impermeabile alle emozioni: Atena è concentrata sui propri obiettivi, è fredda, razionale e sicura di sé. Come gli altri archetipi individuati da Bolen, può essere molto utile nella vita di una donna a patto che non prevalga troppo sugli altri. Continua a leggere