Quando ero bambina, nonostante mamma e papà fossero vivi vegeti e regolarmente sposati, sapevo di non avere solo due genitori.
Intanto perché Imma* me lo ricordava molto spesso: “Tu non hai due genitori, ne hai quattro!” E questo voleva dire, in parole povere, che lei e suo marito potevano mettermi in punizione quando insieme al loro figlio maggiore ne combinavo qualcuna delle mie. E cioè: spesso. D’altra parte Imma è anche la prima persona che mi abbia insegnato a fare una torta lasciandomi pasticciare con il latte e le uova -a questo ai miei occhi la muniva di una certa autorità, perché a casa mia invece potevo solo leccare la crema pasticciera dal tegame sperando di arrivare prima di mio fratello.
Anche Nunzia, la madre di Imma, sebbene avesse già di suo un esercito di nipoti, si assicurava che la chiamassi “Nonna”, e nessuno a casa si è mai scandalizzato per questo. Né mai la mia vera nonna, che si chiamava Nunzia anche lei, si è offesa. Anche perché -va detto- era la prima a farsi chiamare “Mamma” dalle sue nuore, come si usa in tutte le famiglie del sud.
E poi c’era zia Titti, la mia madrina, che aveva avuto solo figli maschi e allora si rifaceva con me regalandomi per Pasqua uova di cioccolata grandi abbastanza da entrarci dentro e vestiti fatti da lei all’uncinetto. Pazienza se il mandato ufficiale di madrina si limitava all’educazione cattolica: a messa mi annoiavo.
Da adolescente sono andata a vivere per un po’ di tempo all’estero, a casa di una “mamma ospitante” e un “papà ospitante” con tanto di fratello e sorella (sempre ospitanti). Tornata in Italia, anche se non era obbligatorio, ho chiesto ai miei genitori di ospitare anche noi a casa una ragazza straniera. Così è stato, e Consuelo alla fine -a differenza mia- è diventata architetto come mio padre, anche se è tornata a vivere dall’altra parte del mondo. I suoi genitori sono venuti in Italia a conoscere i miei e ci sono tornati diverse volte, manifestando una gratitudine commovente per questa coppia che per un anno ha cresciuto la loro figlia più piccola.
E infine, siccome mi piace molto essere figlia, di padre ne ho conosciuto uno anche da adulta, Franco: l’ho scelto io come lui ha scelto me, perché il bello di essere grandi è anche un po’ questo. Scegliere da chi imparare e scegliere a chi tramandare i propri insegnamenti.
Insomma se vi ho raccontato la mia costellazione di figure genitoriali (omettendo qualche prof per non andare troppo fuori tema), un complesso di adulti che magari nemmeno si conoscono fra loro, avvicendatesi nel corso degli anni talvolta affiancandosi, talvolta andando a sovrapporsi, è perché questo ha radicato in me la convinzione che per essere genitori non servano tanto i legami di sangue, quanto l’amore e il senso di responsabilità. Sì, perché ultimamente, a sentire certi, pare che essere genitori sia solo un piacere: un idillio d’amore in cui non ci sono pannolini da cambiare, rette da pagare e figli da mettere in punizione. Invece alla base c’è soprattutto un senso di responsabilità fortissimo. E non dico solo verso la creatura, ma anche (e a volte soprattutto) verso chi quel figlio o quella figlia non può o non vuole crescerli, magari anche solo momentaneamente. Perciò credo che il diritto, se mai ne esiste uno, non sia quello di avere o a non avere figli, ma quello di avere degli adulti responsabili che si prendano cura di noi: materialmente, affettivamente e spiritualmente. E che per comodità chiamiamo genitori, anche se la legge non sempre li chiama così.
Perciò mi dispiace molto per quelli che credono che genitori possano essere solo la mamma e il papà (biologici, eterosessuali, evidentemente immortali e indivorziabili). Mi pare chiaro non abbiano mai avuto il piacere di conoscere la generosità di chi senza bisogno di obblighi legali, senza richiedere in cambio del denaro, si è preso a cuore la loro educazione, fosse anche solo per un pezzetto di vita.
* I nomi sono stati cambiati
e pensare che io con i miei parenti al di fuori di mio padre e mia madre non ho praticamente rapporti, la famiglia allargata non è quella in cui sono cresciuto ma per il resto sono d’accordo col post
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L’ha ribloggato su Womenoclock.
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